Questo è il momento della verità. Saranno lacrime e sangue, la ricostruzione durerà anni. I vecchi schemi del liberismo arrembante devono essere riposti nel cassetto. Se Conte saprà compiere questo passo sarà ricordato come l'avvocato che venne dal nulla ne seppe conquistare la gratitudine della comunità
Di Roberto Bertoni
Presidente Conte, sul
Coronavirus occorre un discorso di verità al Paese
Non è semplice scrivere un
articolo del genere nel giorno in cui il presidente del Consiglio Giuseppe
Conte è stato colpito dalla tragedia della morte per Coronavirus di uno dei suoi agenti di
scorta. Il primo pensiero, colmo d’affetto e sincera gratitudine, va
dunque a Giorgio Guastamacchia, un servitore dello Stato esemplare,
una persona perbene e sempre disponibile che ha pagato a carissimo prezzo il
proprio impegno e la propria dedizione alla causa. Di fronte a una simile
tragedia, verrebbe voglia di fermarsi qui. Purtroppo, come ben sa il presidente
Conte, il suo ruolo e il momento storico che stiamo vivendo non lo
consentono.
Va detto che questo governo
ci sta provando e, nella maggior parte dei suoi esponenti, ci sta mettendo
l’anima. Va detto anche che Speranza, Azzolina e persino Di Maio, cosa che non
avrei mai creduto di poter scrivere in vita mia, stanno lavorando bene. Allo
stesso modo, sta lavorando bene la saggia ministra Lamorgese, intelligente
nella gestione dell’ordine pubblico e attenta a che ogni attività di vigilanza
si svolga senza esasperare ulteriormente gli animi. Non a caso, anche
grazie all’impegno dell’esecutivo, assistiamo a un primo calo dei ricoverati in terapia intensiva e anche
dei morti, benché le 681 vittime registrate nella giornata di ieri
rappresentino comunque un numero impressionante. Una prima luce in fondo al
tunnel comincia a intravedersi e guai a mollare adesso o a lasciarsi andare
a comportamenti sconsiderati, perché un’eventuale
nuova diffusione del virus avrebbe conseguenze devastanti e incontrollabili.
Coronavirus, Fontana:
si esce solo con volto coperto
Complimenti e notizie
positive finiscono qui. Adesso è necessario che il capo
del governo compia un grande discorso di verità di fronte al
Paese. Un conto, infatti, è avere la percezione che questo incubo possa
concludersi o, quanto meno, allentare la morsa entro i primi di maggio, massimo
giugno; un conto, come purtroppo sembra, è dover prendere atto che entro
l’estate, forse, si tornerà a un minimo di decenza ma che la situazione potrà
tornare a una più che parziale normalità non prima dell’autunno, con tutte le
conseguenze del caso. All’emergenza sanitaria si somma, difatti, quella
economica. Conte e il bravo ministro Provenzano hanno compreso per tempo la
portata della tragedia in atto e stanno mettendo a punto gli strumenti per
fronteggiarla, ma il timore è che ogni giorno in più in cui sarà necessario
prolungare la stretta, una miriade di attività produttive, esercizi commerciali
e luoghi di ristorazione non avranno la forza di rialzare la serranda.
Senza contare ciò che sta
accadendo nel Meridione, ma non solo, dove molte attività sono
purtroppo in nero e la catastrofe rischia di assumere contorni apocalittici,
come testimoniano i primi assalti ai supermercati e i tentativi disperati, e
ovviamente sbagliatissimi, di rimettersi al lavoro. Non è il momento, è
rischioso, bisogna assolutamente impedire che il contagio riprenda vigore
vanificando gli immensi sforzi compiuti finora; tuttavia, è la spia di un
malessere profondo, il preludio di quello che potrebbe accadere sempre più di
frequente qualora non venisse rivolto al Paese un discorso chiaro e inequivocabile.
Le scuole, con
ogni probabilità, non riapriranno; pertanto, farebbe bene la ministra Azzolina
a comunicare le modalità innovative con cui si svolgerà quest’anno l’esame di
Maturità e, possibilmente, ad annullare l’esame di terza media e le bocciature.
Non perché qualcuno voglia promuovere gli “asini”, come sostengono i soliti
cattivisti con il cinismo di cui sono capaci in ogni circostanza, ma perché non
si può bocciare un ragazzo dopo un quadrimestre, senza avergli dato la
possibilità di recuperare.
Per quanto concerne il mondo
del lavoro, è necessario che l’esecutivo faccia chiarezza sulle
cifre e spieghi bene in cosa consisteranno gli aiuti, valutando il da farsi a
livello di tassazione e prendendosi in carico le sorti di milioni di persone
che rischiano di scivolare nella miseria. L’editoria, poi, dev’essere
aiutata con misure straordinarie: librerie e case editrici sono presidi
democratici imprescindibili e non possiamo permetterci che rimangano in vita
solo i colossi, con danni incalcolabili al pluralismo delle idee e allo
sviluppo sociale, culturale e civile della Nazione.
Infine, ed è l’aspetto più
importante, sarà il caso che a Palazzo Chigi e dintorni si prenda atto che
i canti sui balconi, gli “andrà tutto bene” e le manifestazioni di
ottimismo che avevano caratterizzato i primi giorni della pandemia stanno venendo meno, a dimostrazione
che qualcuno sta iniziando a cedere, a non crederci più, a smarrire la fiducia
nei confronti di una compagine sgangherata ma che nel disastro totale sembra,
comunque, aver trovato la propria dimensione. La stima nei confronti di Conte,
almeno da parte mia, e per fortuna anche da parte di milioni di italiani, è
intatta. Questo, però, è il momento della verità. Saranno lacrime e sangue, la
ricostruzione durerà anni e richiederà un impegno collettivo senza precedenti.
I vecchi schemi e le ricette che afferiscono alla stagione del liberismo
arrembante devono essere riposti nel cassetto e, possibilmente, bollati per ciò
che sono: immani stupidaggini. Se Conte saprà compiere questo passo, e se
nessuno gli metterà i bastoni tra le ruote, almeno fra i membri della
maggioranza, comunque vada, sarà ricordato come l’avvocato che venne dal nulla,
o quasi, e seppe conquistare il consenso, la stima e, soprattutto, la
gratitudine della comunità.
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